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AUTONOMIA DIFFERENZIATA: FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA

Il disegno di legge prevede ben 23 materie potenzialmente trasferibili alle Regioni ai sensi dell’art.116 Cost. Ai Presidenti di Regione potranno andare competenze in materia di giudici di pace, istruzione, ambiente, beni culturali, rapporti con l’Ue, commercio estero, sicurezza sul lavoro, professioni, ricerca scientifica, salute, ordinamento sportivo, protezione civile, porti e aeroporti, grandi reti di trasporto, energia, previdenza complementare, coordinamento della finanza pubblica, casse di risparmio, enti di credito fondiario e agrario.

Centrale si rivela il tema delle risorse finanziarie che devono essere accompagnate dal processo di rafforzamento dell’autonomia regionale nel rispetto della necessaria correlazione tra funzioni regionali rafforzate e risorse disponibili. Tuttavia, è proprio in quest’assunto che il diavolo si nasconde nei dettagli.

Da tempo Fontana, Zaia e Bonaccini, i tre governatori della secessione camuffata puntano a restare in Italia ma badando solo alla propria gente. Cioè non solo occuparsi di quasi tutte le funzioni svolte ora dallo Stato, nella convinzione di essere più bravi, dalla scuola, ai trasporti, alla sanità. Ma, detto e non detto, anzi più detto che non detto, trattenere i nove decimi delle tasse pagate dai residenti in Regione. Principio in base al quale io più ricco devo essere trattato meglio di te povero. Ricchezza come virtù, povertà come peccato. In un Paese in cui per la parte più ricca lo Stato già spende di più che per la parte più povera, dà più asili nido (per dirne una) a chi potrebbe pagarseli da sé e meno a chi non può pagarseli. Chi sarà in grado di spendere di meno, cioè di essere più efficiente, avrà anche un gruzzoletto da utilizzare a piacer suo. Può sembrare anche un bel progetto, peccato che il calcolo per distribuire le risorse – vera chiave del sistema dell’«autonomia differenziata» – rischia di essere la media pro capite nazionale, che come tutte le medie non centrerebbe il problema. Perché Regioni come la Basilicata dove la sanità costa di più per motivi storici e territoriali, dovrebbero accontentarsi della media; mentre Regioni come la Lombardia, dove la maggiore efficienza rispetto al resto d’Italia abbassa il costo medio, incasserebbero di più. Se tutto fosse così, questo sarebbe sempre più il Paese in cui ci vuole fortuna anche a decidere dove nascere. Perché se nasci nella parte sbagliata, poi non venire a lamentarti.

In estrema sintesi, il criterio del trasferimento le risorse può essere di tre modi. Un criterio sono i “costi storici” e, se attuato, non cambierebbe nulla rispetto a oggi. Un altro criterio è la media pro capite, e – come detto – sarebbe fortemente discriminatorio per il Sud; infine ci sono i “Livelli essenziali delle prestazioni” Lep, volti a “prezzare” ogni singolo servizio, soluzione migliore, ma sui quali pesano grandi interrogativi sulla capacità di una realistica valutazione dei singoli servizi.

Il sistema dei Lep garantisce tutti al contrario il sistema della media pro capite, previsto nella Legge Calderoli, garantisce le Regioni con i servizi più sviluppati e quindi più finanziati, in altri termini le Regioni più ricche. Insomma chi aveva meno, e ha potuto spendere di meno, avrà meno. Chi aveva di più sempre di più.

Sarà bene tenere sotto controllo il cammino di questo progetto, che il Parlamento dovrà approvare a maggioranza assoluta, cioè con legge rinforzata. Perché è vero che, in termini astratti, avvicinare la spesa al territorio può essere considerato per certi versi positivo e stimolante, ma è vero anche che funzioni e servizi pubblici come quelli dell’Istruzione, della sanità o delle infrastrutture, una volta regionalizzati, metterebbero a rischio la tenuta dei programmi e degli indirizzi strategici con un prevedibile effetto caos rischiando di allargare il divario tra un Nord con sempre più risorse e un Sud sempre più povero, penalizzando soprattutto quelle Regioni, come la Basilicata e la Calabria a bassa densità abitativa e con un territorio ad elevata fragilità idrogeologica e poco industrializzato.

Al contrario oltre a definire i Lep essenziali occorre costruire un sistema federativo in cui le Regioni, come quelle del Sud, con produzioni maggiori di energia e materie prime rispetto al loro fabbisogno, abbiano vantaggi economici da poter ribaltare sui propri cittadini. Come, ad esempio, il poter gestire in maniera autonoma l’energia, visto che la nostra terra produce molta più energia da fonti rinnovabili del proprio fabbisogno o la gestione in completa autonomia delle risorse minerarie di gas e petrolio, risorse che mette a servizio di tutto il Paese traendo ben pochi benefici. Perché non prevedere, allora, introiti aggiuntivi derivanti dal surplus di produzione energetica e delle risorse naturali.

È bene ricordare che “Un’evoluzione del Mezzogiorno sarebbe una benedizione per l’Italia e permetterebbe di affrontare meglio il futuro, tutti insieme”; parole non mie ma del giornalista Piero Angela e che dovrebbero essere il fondamento di qualsiasi legge sull’autonomia Regionale.

SE NON SI SBLOCCA IL SUPERBONUS LA CRISI ECONOMICA RISCHIA DI AGGRAVARSI

La “crescita straordinaria” rivendicata dal premier Mario Draghi durante l’ultima conferenza stampa? Dipende in gran parte dal Superbonus. Questo è quanto emerso dall’ultimo report dell’Istat.

La maxi detrazione Superbonus del 110% delle spese sostenute per interventi di efficientamento energetico e antisismico è in vigore, come è noto, dal luglio 2020. Fino a quel momento il valore aggiunto delle costruzioni viaggiava introno ai 17 miliardi al trimestre. Un anno dopo superava i 19 e oggi si attesta a 21,9 miliardi. 

Un progresso che nessun altro comparto ha avvicinato. Guardando alle variazioni trimestrali, il valore aggiunto del comparto è aumentato nel primo trimestre del 18,7% anno su anno e del 5,8% sul quarto trimestre 2021. Di gran lunga la crescita maggiore sia sul piano congiunturale, davanti al +4% della branca “Attività professionali, ricerca e servizi di supporto“, sia tendenziale (segue il +17,5% di “Commercio, trasporto, alloggio e ristorazione“). 

L’industria in senso stretto ha dato al contrario un contributo congiunturale negativo (-0,9%) vero problema da risolvere nell’immediato.

Ma l’aspetto più interessante è che a trainare il PIL italiano sono con tutta evidenza il settore delle costruzioni, il cui valore aggiunto, cioè la differenza tra il valore dei beni finali e quello degli input produttivi, sta continuando a salire a tassi sostenuti dopo che nel 2021 ha superato i 77,1 miliardi, ben sopra i livelli pre Covid (68,1 miliardi nel 2019).

Purtroppo l’andamento del trimestre in corso e quello dell’ultima parte dell’anno, destinato già a risentire dei forti rincari energetici e delle materie prime, sarà inevitabilmente influenzato, in negativo, dal congelamento legato al blocco del mercato dei crediti, non risolto dal via libera alla cessione da parte delle banche ai propri clienti con partita Iva. 

Resta infatti intatto il nodo della responsabilità solidale in capo agli istituti stessi nel caso in cui non abbiano effettuato tutti i controlli preventivi per evitare frodi. 

Il risultato è che molti hanno sospeso le operazioni lasciando imprese e famiglie con il cerino in mano.

Il prossimo governo deve immediatamente risolvere la situazione liberalizzando la cessione del credito, anche a fronte di una lieve riduzione dell’aliquota di cessione che potrebbe stabilizzarsi tra il 70% per i redditi medio alti e 90% per i redditi più bassi.

Se non si pone subito rimedio la crisi economica rischia di aggravarsi entrando in una spirale da cui sarà difficile uscirne senza una Manovra di Bilancio lacrime e sangue.

Impegnarsi per un’energia pulita, sicura e a basso costo

Puglia ed eolico offshore strategici nella transizione energetica nazionale

Chissà: se Miguel de Cervantes fosse stato un nostro contemporaneo, la sua penna forse avrebbe fatto combattere Don Chisciotte contro le pale eoliche, anziché contro i mulini a vento: un duello vano quello del nobiluomo spagnolo, come sarà probabilmente vana la lotta di chi si oppone alla transizione ecologica in atto, mai così agognata come in questo momento. Il momento è propizio, dobbiamo affidarci alla scienza e alla politica delle competenze per accelerare questo percorso verso un futuro energetico sempre più verde. In questo abbiamo una fortuna: l’Italia ha migliaia di chilometri quadrati di superficie marina adatta all’eolico offshore e in grado di produrre tanta energia verde per soddisfare la crescente richiesta di energia pulita, riducendo così l’impiego di fonti fossili come il gas, che si tratti di quello russo o di altro paese.

Dal canto suo, la Puglia, grazie alla potenza dei venti che vi spirano e alla conformazione dei suoi fondali può e deve dare un grande contributo a questa rivoluzione epocale che il Paese sta attraversando. In tal senso, bene i parchi eolici offshore realizzati o in corso di autorizzazione nella regione che, peraltro, possono dare vita a filiere produttive durature con ricadute virtuose a livello economico e occupazionale nei territori. Si pensi all’assemblaggio delle turbine, alle movimentazioni portuali, a navi e rimorchiatori necessari per trasferire al largo le strutture da mettere in esercizio: la costruzione di opere così imponenti avrebbe pochi precedenti nella storia delle nostre aree industriali, mettendo in moto le zone retroportuali, da sempre volano per creare ricchezza.

Il tacco dello Stivale ha tutte le carte in regola per divenire capofila di questa rivoluzione verde, facendo da traino, perché no, a tutto il Paese. In primis l’intensità del vento che, anche nei mari pugliesi, soffia in modo più intenso e stabile rispetto alle aree interne, consentendo di produrre maggiore energia, circa il 30% di più, e con maggiore costanza. Poi la possibilità di sviluppare impianti galleggianti che non necessitano la perforazione dei fondali e che, secondo diversi studi, favoriscono nel tempo zone di ripopolamento ittico e di biodiversità sui fondali proprio grazie alla conformazione delle piattaforme e ai sistemi di ancoraggio sottomarino. Parchi eolici galleggianti con impatti visivi decisamente inferiori rispetto alle enormi distese di pale eoliche o pannelli fotovoltaici installati nelle campagne o in collina che, tuttavia, andranno posizionati a debita distanza dalla costa per renderli poco visibili dalle splendide coste pugliesi.

Altro punto a favore dei parchi eolici offshore rispetto a quelli a terra è la maggiore facilità con la quale essi potranno essere smontati al termine dei circa 30 anni del loro ciclo di vita. Già, perché la scienza sta facendo passi da gigante nel settore energetico e nel 2050 dovremmo poter contare su altre fonti pulite come il nucleare di quarta generazione, senza considerare che la Puglia, se solo lo volesse, potrebbe divenire regione guida nel prossimo decennio anche nella produzione di idrogeno verde ed energia da agrivoltaico.

In questo scenario, Forza Italia proseguirà nel suo lavoro, condiviso dal Governo Draghi, volto a semplificare gli iter per lo sviluppo degli impianti di produzione di energie rinnovabili e a superare quelle logiche fatte da veti, ricorsi, piccole o grandi resistenze territoriali che non sempre mirano alla tutela dell’ambiente, quanto alla difesa di interessi localistici ed elettorali.

D’altronde, le politiche energetiche portate avanti dal nostro partito a livello nazionale ed europeo insieme al PPE mirano a conseguire nel medio periodo quell’indipendenza energetica italiana ed europea per affrancarsi dal giogo dei paesi a rischio geopolitico: oggi abbiamo problemi di approvvigionamento con la Russia ma domani ne potremmo avere con i paesi del Maghreb o della penisola saudita.

Nel XVII secolo qualcuno, seppure in una finzione letteraria, combatteva lancia in resta contro i mulini a vento; oggi e domani con lo stesso vento possiamo combattere per avere un’energia sicura, pulita e a buon mercato.

 

On. Gianluca Rospi
Deputato di Forza Italia, dottore di ricerca in fisica tecnica ambientale

 

Roma, 27 giugno 2022
Articolo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno

Stop alla realizzazione del nodo ferroviario di Bari: l’interrogazione al Presidente Draghi

Il Tar di Bari ha sospeso l’autorizzazione a procedere per la realizzazione di una tratta del nodo ferroviario di Bari sud accogliendo l’istanza cautelare di un comitato locale. Ora esiste seriamente il rischio che 406 milioni di euro, di cui la metà dei fondi arrivano dal PNRR, vadano in fumo.
Una decisione incomprensibile, figlia della logica di veti, ricorsi e piccole resistenze territoriali, che non sempre mirano alla tutale dell’ambiente, quanto alla difesa di interessi egoistici ed elettorali.

Siamo al solito paradosso italiano: se la decisione non sarà revocata, il progetto dovrà ripartire da zero e probabilmente non sarà sviluppato nei tempi necessari per ottenere i fondi del PNRR. Per le proteste di pochi si sta bloccando un’opera strategica per la Puglia e il Sud Italia, perdendo l’occasione di portare finalmente a compimento un progetto che va avanti da anni.

Mi auguro che il Consiglio di Stato annulli la miope ordinanza del Tar, consentendo all’intera Puglia di ottenere una infrastruttura fondamentale per lo sviluppo del territorio e per i cittadini.

Per questo ho presentato, insieme ai colleghi Mauro D’Attis ed Elvira Savino un interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio dei Ministri Draghi. Qui di seguito trovate l’interrogazione:

 

Interrogazione a risposta scritta

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Premesso che:

il nodo ferroviario di Bari è un’opera strategica che interessa tutta la regione Puglia perché permette di migliorare e accelerare i collegamenti tra la Puglia e il Nord Italia;

con nella revisione delle reti Ten-T la commissione europea, grazie anche al lavoro di Forza Italia, ha inserito il completamento della dorsale adriatica, con l’inserimento della tratta Ancona – Bari nella rete di rango extended Core sia ferroviaria che stradale. Tale inclusione permettera di prolungare il corridoio “Mar Baltico – Mar Adriatico” fino a Bari, creando una connessione strategica nel nodo di Bari con il Corridoio “Scandinavo Mediterraneo”;

che l’opera vale 391 milioni di euro e oltre la metà 204 milioni sono fondi PNRR che vanno spesi entro il 2026.

che l’infrastruttura è prevista dal 2001, il progetto è stato approvato nel 2015 dopo i pareri ministeriali e degli enti locali in teressati e i lavori sono iniziati nel 2019 a pieno ritmo;

che nonostante l’appalto in corso il Tar Puglia ha accolto la richiesta di sospensione dei lavori accogliendo la richiesta di un comitato di cittadini e del primo cittadino di Noicattaro;

che a causa dell’ordinanza del Tar Puglia esiste un rischio concreto di bloccare i fondi PNRR e precludere la realizzazione di questa opera strategica;

si è appreso da fondi di stampa che il Premier Draghi intende impugnare l’ordinanza del Tar Puglia che blocca l’opera;

si chiede di sapere:

Se il Governo intende attivarsi celermente per impugnare lo stop sul Nodo ferroviario di Bari Sud, e se affermativo, con quali tempi onde evitare di perdere fondi PNRR e conseguentemente bloccare un nodo strategico ferroviario per l’intero territorio pugliese.

 

Gianluca Rospi, Mauro D’Attis, Elvira Savino

Il mio intervento in Aula per la riforma del Codice degli Appalti

Il mio intervento in Aula per la riforma del Codice degli Appalti

Signor Presidente,

l’urgenza di sburocratizzare e semplificare la macchina dello Stato, correlata alla necessità di avviare politiche efficaci ed efficienti per sostenere la ripresa economica del Paese; oggi è ancor più importante a causa della crisi geopolitica conseguente alla guerra scoppiata alle porte dell’Europa.

Guerra che ha prodotto e continua ad alimentare una crisi energetica, economica e umanitaria di portata mondiale con conseguente aumento dei costi dell’energia e delle materie prime che si ripercuote su tutto il tessuto imprenditoriale e le famiglie italiane.

Lo scorso mese l’aumento dei prezzi di cibo ed energia ha spinto il tasso di inflazione in Italia verso il 6,8 percento, il livello più alto dall’ingresso nell’Euro (dal 1999) .

Il governo italiano, grazie anche all’aiuto di Forza Italia, sta applicando varie misure per mitigare l’inflazione: misure che vanno dai tagli ai prezzi del carburante ai bonus sociali e crediti d’imposta, per aiutare sia le imprese che le famiglie a basso reddito.

Oltre a queste misure il governo sta avviando una serie di riforme per semplificare, sburocratizzare la macchina dello Stato, per eliminare i numerosi colli di bottiglia che imbrigliano cittadini e imprese nella quotidianità del loro lavoro.

È proprio su quest’ultimo tema (semplificazione e sburocratizzazione) si inserisce il provvedimento in discussione quest’oggi in aula. Il disegno di legge in esame prevede una delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore di questa legge delega, uno o più decreti legislativi relativi alla disciplina dei contratti pubblici.

Il provvedimento è stato approvato in prima lettura al Senato il 9 marzo scorso, dove grazie anche al contributo di Forza Italia sono state apportate numerose modifiche che hanno consentito di migliorare sensibilmente il testo iniziale licenziato dal Governo.

Oggi qui alla Camera è in seconda lettura e durante il percorso in Commissione Ambiente, sono state introdotte ulteriori diverse integrazioni e modifiche al testo approvato dal Senato.

Colgo l’occasione per ringraziare i colleghi della Commissione Ambiente, il vice Ministro Bellanova e tutti i funzionari della Commissione per il lavoro svolto nel brevissimo tempo avuto a disposizione per la discussione di un provvedimento così importante per regolamentare il mercato delle contrattazioni pubbliche.

Tra gli emendamenti approvati, 7 sono stati quelli di Forza Italia.

In Commissione Forza Italia ha votato a favore del provvedimento.

La finalità di questa delega è quella di riscrivere profondamente il vigente Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), che in questi 6 anni ha dimostrato tutti i suoi limiti e ha contribuito ad appesantire fortemente e rendere farraginosa tutta la normativa in materia, rallentando tutto il settore dei lavori pubblici.

L’intervento normativo proposto ora dal Governo è quindi volto da una parte ad adeguare la normativa interna al diritto europeo ed evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate, e dall’altra è volto a ridurre drasticamente, semplificare e razionalizzare le norme in materia di contratti pubblici concernenti i lavori, i servizi e le forniture.

 

Questa di semplificare e riscrivere l’attuale Codice, è stata una richiesta che da sempre è stata avanzata in ogni occasione da Forza Italia.

 

 

Peraltro, questa riforma del codice Appalti rientra tra gli impegni assunti dal Governo con l’Europa attraverso il Piano nazionale di ricerca e resilienza (PNRR).

Nello stesso PNRR, infatti, si prevede una riforma complessiva del quadro legislativo in materia di contratti pubblici da completarsi entro giugno 2023.

Il disegno di legge delega prevede l’adozione di uno o più decreti legislativi attuativi, sulla base di alcuni principi e criteri direttivi:

Mi limito a citare qui le modifiche più importanti sostenute anche da Forza Italia. Tra queste c’è:

  • Il procedere alla revisione delle competenze dell’Autorità Nazionale Anticorruzione in materia di contratti pubblici con la finalità di rafforzarne le sole funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti.

Una delle cause che ha creato confusione nel settore dei Contratti Pubblici dopo l’approvazione del D.Lgs 50/2016 (il codice dei contratti attualmente in vigore), è stata la produzione di numerose circolari (soft law) da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione che ha modificato ripetutamente le regole del gioco creando incertezza negli operatori di mercato.

Ci auguriamo, come gruppo di Forza Italia, che vanga superato, una volta per tutte, il sistema delle soft law e si ritorni al sistema del Regolamento Unico, possibilmente uno per i lavori e uno dedicato ai servizi e forniture.

Criteri direttivi riguardano anche:

  • L’introduzione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi, da attuarsi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta.

Stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili per la stazione appaltante; nel corso dell’esame in sede referente, è stato introdotto un ulteriore obbligo di inserimento nei bandi delle stazioni appaltanti riguardante il costo da rinnovo dei CCNL (Contratto Collettivo Nazionale Lavoro) nazionali sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più̀ rappresentative sul piano nazionale.

Un ulteriore criterio riguarda:

  • La semplificazione delle procedure concernenti l’approvazione dei progetti di opere pubbliche anche attraverso lo snellimento delle procedure di verifica e validazione dei progetti e la razionalizzazione della composizione e dell’attività del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; nel corso dell’esame in sede referente tale criterio di delega è stato modificato al fine di chiarire che la ridefinizione dei livelli di progettazione, quale strumento di semplificazione, deve necessariamente (e non eventualmente, come previsto dal testo approvato dal Senato) condurre a una riduzione di tali livelli.

Vorrei ricordare a quest’aula che la fase di progettazione e soprattutto di approvazione del progetto è la più lunga di tutto l’iter di realizzazione di un’opera pubblica. Si stima che in media per realizzare una grande opera in Italia ci vogliono in media 14 anni (Nel Sud oltre 20 anni).

La fase di progettazione e affidamento incide per oltre il 60% (9 anni su 14).

Senza una riduzione dei livelli di progettazione da 2 a 3 (oggi più facile da attuarsi grazie alla tecnologia BIM) e soprattutto senza una semplificazione e sburocratizzazione dell’iter di approvazione dei progetti, come la semplificazione nell’ottenimento di pareri Ministeriali e degli Enti locali, l’uso obbligatorio delle conferenze di servizio e soprattutto l’inserimento di tempistiche certe per l’ottenimento dei pareri, senza tutto ciò sarà difficile ridurre le tempistiche per la realizzazione delle opere pubbliche.

  • Bene anche l’aver indicato meccanismi di razionalizzazione e semplificazione delle forme di partenariato pubblico- privato, con l’obiettivo di rendere tali procedure maggiormente attrattive per gli investitori professionali e per gli operatori del mercato delle opere pubbliche.
  • Bene la rivisitazione del sistema di qualificazione degli operatori economici al fine di valorizzare i criteri relativi alle competenze tecniche e professionali, all’adeguatezza dell’attrezzatura tecnica e dell’organico, alle disposizioni relative alla prevenzione antimafia e alla tutela del lavoro.

Valutare nei criteri di selezione delle imprese anche la solidità economica, il sistema di qualificazione, le competenze tecnico professionali e la storia dell’impresa significa assegnare la realizzazione di un’opera pubblica sul merito oltre che sul prezzo.

  • Siamo d’accordo anche sull’introdurre dell’obbligo di sottoscrizione di apposite polizze assicurative di copertura dei rischi di natura professionale, con oneri a carico delle amministrazioni, nel caso di affidamento degli incarichi di progettazione a personale interno alle amministrazioni stesse.

Anche se su questo punto, Presidente, avremmo voluto introdurre un meccanismo per incentivare l’affidamento della progettazione esecutiva, per importi di lavori sopra determinate soglie, a professionalità esterne alla PA, mantenendo in house gli Studi di fattibilità tecnico economica o le progettazioni altamente specialistiche.

Questa soluzione avrebbe consentito di migliorare la qualità dei progetti e allo stesso tempo avrebbe accelerato la fase più importante e complicata dell’appalto, oltre a specializzare le PA sulle attività più conformi alla propria struttura che sono le attività di controllo e di collaudo tecnico e amministrativo delle opere pubbliche.

Una cosa che avevamo già evidenziato durante la discussione al Senato e che non ci aveva tanto convinto è quella riguardante il Consiglio di Stato. Su questo punto abbiamo apportato alcune modifiche, siamo riusciti a mitigare questo tecnicismo riportando la decisione ultima sui decreti legislativi al Parlamento attraverso le Commissioni Competenti.

Noi riteniamo che le decisioni le debba prendere la politica attraverso il Parlamento e il Governo e non la burocrazia, che è e deve rimanere un valido supporto.

Forza Italia voterà convintamente questo provvedimento perché rispecchia un punto di vista che portiamo avanti da oltre vent’anni.

Confidiamo, ora, che nei prossimi sei mesi, nei quali il Governo redigerà i testi, si mantenga un rapporto collaborativo e costruttivo con i due rami del Parlamento, cosa che sono certo avverrà; perché è nell’interesse di tutti noi e soprattutto di tutti gli italiani costruire un Codice dei Contratti Pubblici che possa dare risposte che i cittadini, le imprese e il Paese ci chiedono ormai da diversi anni.

Quindi, grazie a tutti e buon lavoro.

L’insensata roulette russa per l’economia pugliese

Gianluca Rospi (FI): "L'insensata roulette russa per l’economia pugliese"

La guerra in Ucraina non si ferma, con i colloqui bilaterali che stanno portando risultati poco concreti. Non c’è più tempo da perdere, bisogna arrivare a un cessate il fuoco perché è una carneficina inaccettabile e che fa arrivare i propri echi nefasti fino a noi. Oltre alle tragiche perdite di vite umane, bisogna considerare il prezzo che tutta Europa, fino alla nostra Puglia, sta pagando in termini economici.

 

Russi San Nicola

Grazie anche alla figura di San Nicola, i rapporti diplomatici ed economici con Mosca sono diventati negli ultimi anni molto solidi; basti pensare che Bari nel 2007 ha ospitato il vertice italo-russo (con la visita di Putin alla città), il primo di una lunga serie di incontri istituzionali che hanno avvicinato la Puglia alla Russia, con benefici in termini di turismo, economia e sviluppo di partnership nel campo sanitario. E pensare che solo pochi mesi fa, nell’imponente piazza dell’Hermitage a San Pietroburgo, quarantamila russi rimasero a bocca aperta davanti all’esibizione dell’Orchestra del teatro Petruzzelli.

Tutto cancellato con un colpo di spugna dall’inaccettabile invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. I settori più colpiti dalla guerra (e dalle relative sanzioni) sono quelli dell’automotive e della meccatronica oltre che farmaceutica, moda e agroalimentare. Capitolo a parte meritano le ricadute negative nel settore turistico, di cui parleremo più avanti.

Rospi stampa 2022 1

Stando agli ultimi dati disponibili Istat e Ice (l’Agenzia per la promozione all’estero), nei primi nove mesi del 2021 le esportazioni della Puglia verso la Russia erano in forte ripresa. Parliamo di oltre 52,7 milioni di euro, in crescita del 64,1% rispetto a dodici mesi prima. Nello specifico (dati Istat 2019), solo nel settore farmaceutico le aziende pugliesi inviavano a Mosca beni per 22 milioni di euro, mentre altri 10,5 milioni arrivano dall’esportazione di prodotti tessili e abbigliamento. Un altro settore produttivo pugliese con interessi importanti era quello dei macchinari, con 9,5 milioni di export. L’agroalimentare si era attestato a poco più di 4 milioni, anche se prima del 2014 viaggiava sui 12 milioni di euro. In ripresa erano anche le importazioni, che da gennaio a settembre segnavano oltre 341,1 milioni, con un aumento del 133,4 % sul medesimo periodo del 2020. Già, perché la nostra regione importava quantità di merci davvero consistenti sia da Russia che da Ucraina, parliamo di materie prime come ferro, antracite, grano, legnami e seminativi.

Anche se molto più ridotti, intrattenevamo interscambi commerciali anche con l’Ucraina: da gennaio a settembre 2021 abbiamo esportato prodotti per 10,9 milioni di euro. Più consistenti anche in questo caso i numeri delle importazioni, che segnavano 152 milioni di euro. Quella che stiamo vivendo in queste settimane, non è la prima crisi economica sull’asse Puglia-Russia-Ucraina. Fino al 2013 i valori avevano trend ascendenti, ma nel 2014 ci fu un brusco calo, dovuto alla crisi in Crimea, prodromica del conflitto in corso. Da allora una difficile e lenta ripresa di importazioni ed esportazioni, fino alla nuova inchiodata nel 2020 dovuta alla pandemia.

guerra russia ucraina kiev

Tra le realtà imprenditoriali in maggiore difficoltà i grandi gruppi pastai pugliesi, che stanno andando in sofferenza per i carichi di grano tenero che non transitano più attraverso i porti russi e ucraini. Da non sottovalutare nemmeno l’impennata dei costi di concimi e mangimi, che si riverbera nella filiera della carne, considerando che una buona parte di questi prodotti è di provenienza ucraina.

A questo grigio scenario economico, dobbiamo aggiungere il maggior costo delle materie prime importate e dell’energia, che potrebbe portare l’inflazione al 6% nel 2022, determinando minori consumi per quattro miliardi, stando a una stima Confesercenti. Insomma, sembra configurarsi all’orizzonte il peggiore scenario economico possibile da evitare in ogni modo, la stagflazione, con prezzi in ascesa e consumi in calo. D’altronde, i prezzi dei carburanti parlano chiaro, schizzati verso l’alto del 30% per il petrolio e di oltre il 50% per il gas. Bene ha fatto il Governo a sforbiciare per un mese le accise su carburanti e gpl, ma è un provvedimento tampone, ora occorre agire a livello europeo. Come Forza Italia, infatti, abbiamo chiesto un’interrogazione alla Commissione europea per inserire un’aliquota massima di accisa da applicare a ogni Stato membro, che avrebbe una positiva ricaduta anche sulle imprese pugliesi.

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Occorre poi pensare a un nuovo piano di aiuti, un Recovery Fund bis per garantire un adeguato sostegno alle imprese già in difficoltà per la crisi pandemica e per alimentare la ripresa economica avviata a fine 2021; e poi lavorare per una maggiore integrazione europea innescando la nascita di un esercito europeo e una politica estera comune.

Dicevamo del capitolo turismo, soprattutto religioso: San Nicola è il santo più venerato in Russia e ogni anno migliaia di turisti arrivavano a Bari, tanto che Aeroporti di Puglia aveva persino attivato due collegamenti diversi con quel Paese per incentivarne il flusso. In questo solco era, inoltre, ben alimentato il dialogo ecumenico tra la Chiesa Ortodossa e quella Cattolica. Gli scambi bilaterali in ambito religioso erano stati rafforzati nel 2003, quando proprio il presidente Putin aveva donato al capoluogo pugliese una statua di San Nicola, con una targa che ricordava i legami plurisecolari con Mosca. Legami, purtroppo, spezzati: Coldiretti Puglia ha analizzato i recenti flussi turistici dalla Russia, prevedendo oltre 100 mila presenze in meno nella nostra regione a causa della guerra. Una emorragia improvvisa che arresta l’interesse crescente nei confronti della Puglia da parte dei russi, testimoniato anche dalla crescita del 240% tra il 2017 e il 2018 delle ricerche del termine ‘Puglia’ in quella lingua, secondo le elaborazioni di Yandex, il principale motore di ricerca russo.

bilancio europeo

Dunque, accanto alla strage di innocenti e al dramma umanitario che osserva con apprensione e solidarietà ogni giorno, la Puglia dovrà presto affrontare gli effetti economici deleteri causati da questa insensata roulette russa.

Come risolvere tutto ciò? Oltre a lavorare per far cessare il fuoco, questa guerra ci ha fatto comprendere che è arrivato il momento degli Stati Uniti d’Europa; se tutti i suoi Paesi lavoreranno all’unisono con questo intento, in un mondo sempre più polarizzato tra USA, Russia e Cina, potremo lasciare alle future generazioni una Europa più influente a livello politico ed economico. Con sicuri benefici anche per Italia e Puglia.

Gianluca Rospi – Deputato di Forza Italia


Articolo pubblicato su affariitaliani.it
https://www.affaritaliani.it/puglia/gianluca-rospi-l-nsensata-roulette-russa-per-l-economia-pugliese-788583.html

 

Superbonus 110%, Rospi e D’Attis (FI): ‘Basta modifiche!’

Superbonus 110%, Rospi e D'Attis (FI): 'Basta modifiche!'
Un no forte e chiaro alle intenzioni del Governo di modificare, ancora, le norme del Superbonus arriva dai deputati pugliesi di Forza Italia Mauro D’Attis e Gianluca Rospi.

“La nuova modifica contenuta nella bozza del decreto ‘Sostegni ter’ che limiterebbe la cessione del credito a un solo passaggio dichiarano i due deputati – rischia di ridurre notevolmente l’interesse nei confronti del superbonus 110% che, solo in Puglia ha consentito oltre 5.000 interventi per quasi 850 milioni di valore; essa, inoltre, danneggerebbe i cittadini con i redditi più bassi, oltre ad aumentare l’incertezza e frenare gli investimenti nel settore edile. Le frodi non si fermano in questo modo. Così si penalizzano le tante imprese serie e soprattutto i tanti cittadini onesti”.

+Gianluca Rospi (2)

Le continue modifiche intervenute sul Superbonus hanno già limitato eccessivamente l’utilizzo di questa misura che, dal punto di vista ambientale a quello della sicurezza, del lavoro e dell’economia, è la più interessante degli ultimi anni.

“Ulteriori paletti burocratici, nonostante le intenzioni, non hanno risolto il problema delle frodi al contrario hanno penalizzato le persone oneste. Si cambi approccio – affermano D’Attis e Rospi – : si deve semplificare, si devono stabilire prezziari ufficiali, si devono responsabilizzare ulteriormente le parti: chi sbaglia paga, e paga tanto, chi è onesto, che possa essere incentivato a lavorare.”

D.Atts.Mauro8

“Poiché una eventuale modifica così impattante provocherà nell’immediato un blocco dei contratti – concludono D’Attis e Rospi – ci attiveremo insieme ai colleghi di Forza Italia, fin da subito per chiedere al Governo un passo indietro su questa misura,  che rende difficile per le imprese cedere i crediti e, di conseguenza, penalizzerà i cittadini con i redditi più bassi. Le frodi si combattono con regole chiare e pene certe e celeri per i furbi”.

Il Superbonus 110%: nel mese di dicembre, in Puglia, ha visto asseverati quasi 1.100 interventi per 184 milioni di euro. Si aprono sempre più cantieri di edilizia privata in Puglia: in particolare il superbonus 110% ha fatto registrare nel solo mese di dicembre ben 1.093 asseverazioni protocollate (portando il totale a 5.524 gli interventi, il 25% in più rispetto ai 4.431 del 30 novembre) per un valore di 184 milioni di euro, in aumento del 28% rispetto ai 658 di novembre, facendo raggiungere un valore totale di 842 milioni di euro (elaborazione Ance su dati Enea – Mise).

Nicola.Veronico

“Sebbene il 110% e gli altri bonus edilizi stiano dando ossigeno a un settore in crisi da un decennio – commenta Nicola Veronico, entrato di recente nel consiglio di amministrazione del Formedil – Ente unico nazionale per la formazione e la sicurezza in edilizia – c’è un rovescio della medaglia: stiamo purtroppo assistendo all’entrata nel comparto di tante imprese non adeguatamente qualificate che non affrontano il tema della sicurezza come si dovrebbe. Non è raro, infatti, vedere operai di una certa età su ponteggi malandati e privi delle più basilari misure di sicurezza. Su questo tema non possono esserci ambiguità: i morti sul lavoro sono una ferita inaccettabile per il Paese e per ognuno di noi. La sicurezza non può essere un optional, ma deve essere un diritto/dovere per tutti. Oggi siamo chiamati a tutelare le imprese organizzate e qualificate che lavorano in sicurezza per prevenire gli infortuni”.

Al nuovo ente, nato dalla recente fusione del Formedil col CNCPT su iniziativa delle parti sociali dell’edilizia e in cui Veronico è entrato come rappresentante di ANCE nazionale, sono affidate le funzioni di promozione, indirizzo e coordinamento su scala nazionale delle iniziative in tema di formazione, salute e sicurezza rivolte alle imprese e ai lavoratori del settore delle costruzioni, intraprese dagli Enti presenti a livello territoriale, in una logica di sistema.

Superbonus 110 cantiere

“Col PNRR – aggiunge Veronico, componente altresì della Commissione referente relazioni industriali e affari sociali ANCE, oltre che presidente del CPT Puglia Centrale – prevediamo l’apertura in Puglia di nuovi importanti cantieri; purtroppo, il settore sta affrontando questo improvviso picco di lavoro, sia nell’edilizia pubblica che in quella privata, con una grave criticità, la scarsità di manodopera e di figure professionali. Su questo le scuole edili del sistema Ance stanno facendo miracoli ma il gap tra domanda e offerta di lavoro è ancora alto”.

Altro tema da affrontare – conclude Veronico – è la riduzione del cuneo fiscale: ridurre il costo del lavoro in edilizia è necessario per contrastare il dumping contrattuale e favorire l’assunzione dei giovani”.

Il CPT Puglia Centrale è l’ente bilaterale delle costruzioni edili costituito da ANCE Bari e BAT e dalle organizzazioni sindacali territoriali di Feneal, Filca e Fillea per promuovere la sicurezza nei cantieri edili ed è l’ente abilitato per le province Bari e Bat all’emissione dell’attestato di asseverazione.

 

 

articolo originale su: https://www.affaritaliani.it/puglia/superbonus-110-rospi-attis–basta-modifiche-776234.html