Categoria: Dicono di noi

Emiliano aspetta Rousseau, tensioni nel m5s

da: Affari Italiani

Emiliano aspetta l’esito della piattaforma Rousseau per completare la sua giunta, Fitto gli ricorda i tempi dettati dallo Statuto regionale, mentre sale la tensione nel M5S.

presidenza regione puglia

Uno stallo che fa chiedere a più di un osservatore perchè aspettare ancora una volta l’esito della procedura tradizionaale dei pentastellati, se poi la leader pugliese, Antonella Laricchia, è la prima a non tenerne conto.

“L’art. 41 dello Statuto della Regione Puglia al comma 4 – ricorda Raffaele Fitto in una nota diffusa – stabilisce che: ‘Il presidente, entro 10 giorni dalla proclamazione, nomina i componenti della giunta regionale…’. Michele Emiliano è stato proclamato il 29 ottobre scorso, sono quindi passati non 10, ma 13 giorni e oggi apprendiamo dalla lettura dei giornali che non è questione di ore, perché si è in attesa della decisione del Movimento 5 Stelle se entrare meno in giunta”.

“Quindi, benvenuti in Puglia, dove vige una sorta di autodeterminazione – sottolinea Fitto – che prescinde dalle leggi che, per Emiliano – magistrato in aspettativa e ‘uomo di legge’ come lui ama definirsi – vuol dire che ha più peso la piattaforma Rousseau dello Statuto regionale”.

“In un momento così drammatico, con numeri su contagi e decessi, che ogni giorno crescono in modo spaventoso, appare incredibile che si possa trovare tempo per giocare al ‘poltrona-party’, sia per le gravissime carenze ed inadempienze dell’organizzazione sanitaria, sia per la drammatiche conseguenze economiche, evidenziate dalle stesse categorie produttive che chiedono a gran voce che si dia subito un Governo alla Regione”.

Sul fronte opposto, quello degli Stati Generali del M5S, il parlamentare Gianluca Rospi (Popolo Protagonista) denuncia l’esclusione del collega Pedicini, come un’evidente carenza di democrazia: “Trovo aberrante quanto sta succedendo agli Stati Generali organizzati dal Movimento 5 Stelle“.

“Quanto avvenuto con l’esclusione del collega e conterraneo Piernicola Pedicini, è quanto di più lontano c’è in uno Stato che vuol essere chiamato democratico. È davvero lunga la lista di promesse non mantenute da parte loro, tutto uno slogan ma che poi poche volte si è trasformato in fatti”.

GianlucaRospi

“Con il tempo – aggiunge Rospi – si è totalmente azzerato il principio cardine e fondatore di questo Partito, che voleva vedere tutti allo stesso livello, tutti nelle condizioni di decidere seguendo il programma elettorale, ora al contrario si viene censurati perché non si vuole ascoltare posizioni contrarie e diverse”.

“Non faccio fatica a capire la delusione da parte di molti colleghi – conclude Rospi – che nel tempo si sono allontanati o che stanno pensando di farlo. È difficile restare fedeli a coloro che per primi non sono stati fedeli a se stessi e ai loro valori”.

(gelormini@gmail.com)

Rospi (Gruppo Misto): “Cura Italia? La grande assente è la famiglia”

da: Interris

Il deputato lucano, relatore del Decreto Genova, a colloquio con Interris.it: dall’emergenza Covid-19 al provvedimento governativo, dalla questione cantieri fino al futuro della sua Matera.

Parlamentare lucano, marito e padre di due figlie, la carriera professionale e politica di Gianluca Rospi, deputato del Gruppo Misto, si intreccia con forza alla sua terra. Ingegnere edile, ex presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Matera, cattolico che ha fatto della fede una pietra angolare del suo percorso, ha alle spalle una significativa esperienza come relatore del Decreto Genova, modello che ha recentemente suggerito di applicare ai grandi cantieri del Paese, da Nord a Sud, cercando di imprimere quella necessaria forza motrice ai progetti pubblici da troppo tempo bloccati dalla burocrazia della macchina amministrativa.

Giovane parlamentare di importante formazione universitaria (con dottorato di ricerca in architettura), le sue competenze e i suoi valori gli sono valsi l’apprezzamento del suo gruppo parlamentare di riferimento, oltre che degli ex alleati del Movimento 5 Stelle e delle altre forze politiche.

A colloquio con Interris.it, augura per la sua Matera un futuro fatto di impegno “a testa bassa per il comune”, dopo un anno da Capitale della Cultura europea. E sull’emergenza coronavirus, si unisce all’appello di chi, per coscienza del suo territorio, auspica una tenace tutela preventiva del Sud Italia.

Onorevole, il decreto Cura Italia tutela tutti i lavoratori o c’è chi rischia di essere tenuto fuori?
“Cominciamo con il dire che la grande assente del Decreto Cura Italia è la Famiglia che non viene praticamente mai menzionata ed è il pilastro su cui si reggono tutte le società contemporanee. Poi come al solito ci sono tante piccole misure come sempre assistenziali senza una vera visione politica oltre alle tante dimenticanze. Una per tutte manca, una misura per le partite Iva iscritte alle casse private, i tanti professionisti, ingegneri, avvocati, commercialisti, giornalisti, periti, e tanti altri tecnici nonostante queste figure svolgano un servizio di supporto, e in alcuni casi sostitutivo, alla pubblica amministrazione grazie alla loro alta professionalità e competenza. Poi c’è tutto il settore dell’accoglienza che avrà un calo dei fatturati non di poco conto e del commercio, a partire dal settore della moda, che invece si troverà con i magazzini pieni, per non aver venduto la merce, e le scadenze di pagamento a marzo, aprile e maggio verso i fornitori. Mi auguro che in Parlamento ci sia la possibilità di intervenire per modificare il Decreto e far sì che nell’emergenza non ci siano cittadini di serie A e serie B ma che vengano garantiti gli stessi diritti per tutte le categorie”.

In merito all’emergenza Covid-19, come reputa la decisione del governatore della Basilicata Bardi che, assieme a Musumeci, Emiliano e De Luca tra i tanti, ha sbarrato il ritorno dei fuori sede?
“Lasciatemi dire che il Governo in questa emergenza si è dimostrato sconclusionato, enunciando provvedimenti senza averli approvati, utilizzando i social e non il Parlamento e le sedi istituzionali per informare i cittadini, creando confusione non solo nella gente ma anche negli operatori addetti all’emergenza. Al contrario ho visto alcuni governatori delle Regioni più concreti e coerenti. Io penso che la decisione di non far rientrare le persone dal Nord sia in questo momento indispensabile per evitare che il virus si espanda anche al Sud, che ricordiamo è un territorio più fragile. Anche se queste decisioni dovevano essere prese prima, perché la prima ondata di persone è ormai arrivata. Occorre sempre ricordare che comunque le delibere dei Governatori non impediscono il rientro, obbligando invece a chi rientra di fare un periodo di quarantena”.

Lei è originario di una regione in cui solo nel 2018 si sono registrate oltre 3mila diagnosi di cancro. Come vede la situazione sanitaria al Sud? È preoccupato per la propagazione del contagio in Basilicata?
“L’aumento dei malati oncologici è un dato preoccupante per una regione non industriale come la Basilicata e che registra ogni anno una perdita di più di 4000 persone. Ma è anche vero che in Basilicata sono presenti due siti altamente inquinati classificati SIN, le due aree di estrazione di idrocarburi più grandi in Europa sulla terraferma, oltre ad un’area di stoccaggio di scorie radioattive all’interno del centro Enea di Rotondella (MT) e che l’aumento dei casi è concentrato principalmente in queste aree. Questo naturalmente non giustifica il dato ma ci deve far riflettere sul fatto che vanno completate quanto prima le bonifiche e su una nuova politica energetica più orientata alla blue economy che oltre agli aspetti tecnologici e finanziari si occupa anche degli aspetti sociali, ecologici e della qualità della vita umana. Il Sud e la Basilicata hanno una situazione sanitaria di gran lunga più fragile rispetto alla Lombardia, spero che il contagio arrivi in maniera più tenue. In Basilicata sono preoccupato per il focolaio che si è sviluppato in Val d’Agri perché ha interessato anche l’ospedale di Villa d’Agri e questo potrebbe provocare un effetto amplificatore, come avvenuto nel bergamasco, mettendo in seria difficoltà tutto il sistema sanitario regionale. Anche se questa battaglia la vinciamo se facciamo tutti sistema, medici, operatori sanitari e soprattutto i cittadini, solo uniti possiamo superare l’emergenza sanitaria ed economica che ne deriverà”.

Come relatore del “Decreto Genova”, lei ha di recente proposto il “modello Genova” a tutti i grandi cantieri del Paese. Può spiegare quali sono quelli più urgenti e perché?
“Vorrei prima fare una premessa: quando abbiamo elaborato il Decreto Genova, abbiamo avuto numerose critiche, ci hanno anche detto che avrebbe creato un sistema corruttibile, bloccando invece di accelerare il processo realizzativo dell’opera. Oggi sento dire il contrario, ma quello che più mi fa piacere è che tutte le forze politiche concordano che il ‘Decreto Genova’ sia stato un ottimo provvedimento. E non solo perché semplifica le procedure di appalto ma soprattutto perché demanda la responsabilità procedurale e di controllo ad un commissario. Se mi chiede quali sono i cantieri urgenti in Italia, basterebbe dire che in Italia ne sono bloccati numerosi da Nord a Sud per un importo di oltre 60 miliardi; quindi a mio avviso, applicando il modello Genova a tutti i cantieri potremmo sbloccare tutte le opere in poco tempo. Naturalmente dobbiamo dire che per sbloccare un’opera non basta solo sburocratizzare la macchina amministrativa ma anche avere le somme in cassa per poter pagare le imprese, e quest’ultime spesso non ci sono. Quindi andrebbe fatto un cronoprogramma in base alle potenzialità economico e sociali che quell’opera porta al territorio e partire da quelle come ad esempio il potenziamento della rete di Alta velocità nel Sud Italia, che consente non solo di ridurre il gap economico tra Nord e Sud Italia ma aumenta anche il benessere delle famiglie del meridione, consentendo un aumento della qualità della vita, riducendo anche l’emigrazione dei giovani che dal Sud Italia si spostano al Nord. Poi bisognerebbe investire nella logistica dei porti del Sud Italia, come Gioia Tauro e Taranto, che potrebbero intercettare buona parte delle merci che oggi attraversa Suez e fa scalo a Rotterdam passandoci sotto il naso”.

È passato oltre un anno da Matera capitale europea della cultura. Quando finirà quest’emergenza, come reagirà la Basilicata al rilancio economico? C’è il rischio che venga “lasciata indietro” rispetto a un Nord, traino industriale?
“I cittadini di Matera hanno una resilienza e uno spirito di riscatto che io direi unici in Italia, basta guardare indietro un po’ nella nostra storia contemporanea: Matera fu la prima città a insorgere contro il nazifascismo il 21 settembre del 1943 e poi ha avuto la capacità di trasformare il sito dei “Sassi di Matera” da vergogna nazionale, dichiarato dal Governo nei primi anni della Repubblica, prima in patrimonio nazionale dell’Unesco nel 1993 e poi in Capitale Europea della Cultura nel 2019. La reazione ci sarà anche questa volta, pure se questa volta la crisi economica che ne deriverà, avrà ripercussioni importanti soprattutto nel settore del turismo e dell’industria creativa, per questo cercherò di sensibilizzare l’attività di governo e quella politica verso l’avvio di iniziative a sostegno dell’economia delle città d’arte, non solo attraverso la digitalizzazione del patrimonio storico artistico ma anche attraverso vere è proprie misure per rilanciare l’offerta turistica. E poi superata l’emergenza, io penso che dovremmo guardare come paese non solo all’Europa ma soprattutto al mediterraneo cercando di diventare la piattaforma logistica del sud Europa per le merci da e verso l’Africa e l’Oriente. Solo cosi potremo superare le divisioni geografiche e esistenziali tra Nord e Sud e rinascere come Italia ed Europa”.

 

Lei si è speso molto per una visione di sviluppo di Matera basata su: azione comune, lungimiranza, competenza e coraggio. In quali di questi punti la città deve fare uno sforzo maggiore, e perché?
“Oggi dobbiamo ripartire dal promuovere la cultura del rispetto, della condivisione e del coraggio affinché le nuove generazioni possano avere esempi di lealtà restituendo loro la speranza e il desiderio di costruire il presente e progettare il domani. La città di Matera deve tornare ad essere quel laboratorio culturale di idee. Matera città che fin dall’inizio della civiltà umana ha fornito e fornisce alla storia un contribuito sociale, culturale e costruttivo deve diventare simbolo di una città desiderabile e a misura d’uomo. Per far ciò la città ma soprattutto i cittadini devono abbandonare gli slogan politici e la politica dei leader assoluti e di breve durata per tornare ad impegnarsi a testa bassa per il bene comune, utilizzando le migliori energie e potenzialità presenti in città. Dobbiamo tutti insieme riprendere il cammino verso una partecipazione più democratica nelle scelte politiche. Ricostruendo un patto sociale fra cittadini liberi, che non cercano una ragione di unità in un passato che spesso li divide ma in un futuro che può, ancora, accomunarli”.

Lei sostiene la tutela dell’economia delle città d’arte. Qual è la sua riflessione alla luce dei dati di Assoturismo, che prevedono 29 miliardi di introiti in meno nel settore?
“L’Italia è prima al mondo per numero di siti Unesco, possediamo il più grande patrimonio culturale a livello mondiale: oltre 4.000 musei, 6.000 aree archeologiche, 85.000 chiese soggette a tutela e 40.000 dimore storiche censite, oltre ha essere l’Italia anche “arte a cielo aperto” con le sue coste, le sue riserve e paesaggi naturali. Se non investiamo in quello a noi più prezioso e che ci invidiano tutti, allora in cosa dovremmo investire? È poi grazie ai nostri teatri, alla prosa, alle orchestre, ai corpi di ballo, alle fondazioni lirico-sinfoniche e a tutto quell’articolato e complesso mondo dello spettacolo che si animano le nostre città, si forniscono importanti occasioni di crescita, si sviluppa il senso critico, si contrasta la povertà educativa. Nei prossimi due anni avremo una regressione del settore turistico in Italia, questo anche perché invece di concentrarci su come sconfiggere il virus, il governo ha pensato di pubblicizzarlo pensando di essere al Grande Fratello, producendo un ulteriore danno d’immagine ad un settore già in sofferenza. Superata l’emergenza dobbiamo ripartire attraverso il rilancio del paese non solo sotto il profilo industriale, sostenendo la crescita delle piccole, medie e grandi imprese italiane, ma soprattutto va rilanciata l’economia legata al mondo turistico e culturale, va rilanciato il settore dell’alta formazione artistica, museale e lo spettacolo dal vivo, asset strategici di sviluppo per l’Italia e anima della vita culturale e sociale del nostro paese. Bisogna fare lo sforzo di mettere a sistema tutte le città d’arte italiane producendo un’offerta culturale sul l’arco temporale annuale. E poi affiancare e investire nell’industria creativa. Entrambi gli asset sono il frutto della sapienza e della «scuola» del genio italico, trasmesso di generazione in generazione”.

Alternativa Popolare, una scelta libera e nel rispetto delle regole

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Da Il Riformista

Ho attraversato i mari della politica e ne ho percorso i labirinti, con molte fatiche e qualche modesto risultato, e ho sempre accettato la regola del confronto con chi la pensa diversamente, anche quando i toni si facevano aspri e, talvolta, violenti. Il parere diverso fa parte della dialettica della democrazia. La cosa che, però, mi infastidisce, è la superficialità delle analisi che sempre comporta pericolose faziosità.
Sono rimasto, perciò, sorpreso nel constatare con quale astio Salvatore Curreri, professore associato presso l’università Kore di Enna, si sia scagliato contro la recente formazione della componente Popolo Protagonista-Alternativa Popolare nel gruppo misto alla Camera. Avrei capito una strumentalizzazione politica, in un Paese dove denigrare l’avversario pare rimanere, anche dopo il Covid-19, lo sport preferito. Faccio invece molta fatica, pur dopo aver riletto più volte lo scritto pubblicato sabato 6 giugno sul Riformista, ad accettare che si metta in campo la propria competenza giuridica per motivare un attacco evidentemente di altro tipo.

Nel suo articolo, il professore fa una premessa politica sullo smottamento del Movimento 5 Stelle – e ci sta – e una di tipo giuridico, nella quale riconosce la libertà di mandato del parlamentare – e ci mancherebbe! Afferma anche che, secondo i regolamenti della Camera, una componente nel gruppo misto può essere costituita se almeno tre deputati rappresentano una forza presentatasi alle ultime elezioni politiche: si badi bene, non necessariamente quella nella quale sono stati eletti, altrimenti salterebbe la premessa sulla libertà del parlamentare. Poi, però, prosegue domandandosi scandalizzato come sia possibile che parlamentari eletti nel M5s possano costituire una componente politica che porta la denominazione di un altro partito. Non sono un giurista, sono un ingegnere, ma ribadisco: proprio perché la Costituzione non impone il vincolo di mandato. A meno che il professore non voglia ridiscutere questo principio. Dunque, è perfettamente legittimo che un parlamentare si possa riconoscere in un altro schieramento politico e rappresentarlo.

Ma se fosse tutto qui, forse non avrei chiesto ospitalità su queste colonne. Il problema viene subito dopo. Il prof. Curreri mette Alternativa Popolare sullo stesso piano di 10 Volte Meglio, dicendo che entrambe non hanno ottenuto eletti. Non oso pensare che il professore abbia voluto mettere a rischio la propria credibilità su una affermazione simile senza verificarla. Devo quindi credere che qualcuno gli abbia dato una informazione quanto meno inesatta. Alternativa Popolare si è presentata alle elezioni del 2018, congiuntamente con altre formazioni, ed ha avuto due eletti che, fino allo scorso autunno l’hanno rappresentata in una delle componenti del gruppo misto, senza che questo scandalizzasse alcuno. I due amici hanno, successivamente e con piena legittimità, deciso di seguire altri percorsi politici ed hanno chiuso quella componente. Ma Alternativa Popolare continua ad avere tutti i requisiti previsti dal regolamento della Camera e, come ha dovuto accettare la libera scelta dei suoi precedenti rappresentanti di abbandonarla, ha la piena facoltà di accogliere nuovi parlamentari che, per altrettanto libera scelta, si riconoscano nei suoi valori. Per la cronaca (ma forse il professore ignora anche questo), nel frattempo, Alternativa Popolare si era anche presentata alle elezioni Europee del 2019, prendendo voti, pochi ma veri. E il presentarsi alle elezioni, anche in un solo collegio (Ap era presente in tutti e 5) costituisce, per le normative nazionali, elemento sufficiente per godere dei benefici di legge riservati ai partiti.

Allora forse il prof. Curreri potrebbe meglio dedicare le proprie attenzioni ad un altro fenomeno: come mai deputati eletti con una forza politica possono formare gruppi e godere di tutti i benefici finanziari riservati ai partiti, pur non essendosi mai misurati in una elezione? Solo perché, come nel caso di Italia viva, sono in tanti e vengono sondati al 3%? Non a caso il saggio Renzi dice che aspetta con ansia il momento delle elezioni regionali per misurarsi veramente con gli elettori: infatti, in nessuna legge della Repubblica Italiana è prevista la possibilità di utilizzare i sondaggi al posto dei voti. Peraltro nessuno, men che meno il sottoscritto, si è scandalizzato delle scelte di Italia viva, ma neanche di quelle di Cambiamo o degli altri numerosi schieramenti che a una elezione non si sono mai presentati. Non si tratta quindi, di stratagemmi, ma di regole consolidate da anni di pratica parlamentare e penso che, almeno nel caso di Alternativa Popolare, il prof. Curreri possa sentirsi #sereno.

A proposito di veri stratagemmi, suggerisco piuttosto al professore stesso di domandarsi come mai al Senato Italia viva abbia costituito il gruppo con il Psi e Forza Italia abbia inserito nella denominazione anche l’Udc. Detto tutto questo, qualche sospetto di un pronunciamento “su commissione” non può non venire spontaneo. Quanto ai contributi e alle presunte prebende, sarei lieto di poter raccontare al professore la mia esperienza di quattro anni come tesoriere di Ncd/Ap e, ora, quella di presidente di Ap. Far politica oggi in un partito è puro volontariato, caro professore. I tre giovani deputati che rappresentano, a pieno titolo, Ap nel gruppo misto, Gianluca Rospi, Antonio Zennaro e Michele Nitti, sono persone di grande qualità umana e professionale, con i quali ci siamo subito trovati in piena sintonia sui valori del popolarismo europeo (Ap aderisce al Ppe, che mi ha recentemente onorato di una intervista nella mia qualità di Presidente), proprio alla luce della loro radice cattolica, liberale e riformista.

Intendono dar vita a un progetto nuovo, e Alternativa Popolare, con i propri aderenti ancora attivi sul territorio, è ben lieta di contribuire al loro progetto. Tutto il resto è speculazione, legata alla volontà di gettare cattiva luce sul M5s o, forse, di cercare di impedire a giovani che hanno voglia di impegnarsi seriamente per il loro Paese, di proseguire nel cammino intrapreso. Mi si permetta un’ultima parola su Angelino Alfano, il cui nome viene menzionato con grande evidenza nel titolo dell’articolo, senza che il prof. Curreri lo abbia neppure menzionato. Unicamente per dire che tutte le vicende che riguardano Alternativa Popolare lo vedono completamente estraneo ormai da due anni, a seguito della sua scelta di abbandonare la politica, decisione assunta con dignità e coerenza in tempi non sospetti.

Decreto “Rilancio”, c’è scontro al Governo: Rospi, richiesta soldi anche per paritarie elementari, medie e superiori

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Da: Orizzontescuola.it

Tra i motivi dei ritardi di ieri per il varo del nuovo Decreto per le nuove regole a partire dal 18 maggio ci sarebbe stato uno scontro all’interno del Governo relativamente ai fondi contenuti nel Decreto Rilancio previsti per le scuole paritarie di materna e Infanzia.

Si tratta, in realtà, di un provvedimento già approvato dal precedente Consiglio dei Ministri che prevede “un contributo per 65 milioni di euro”.
Secondo quanto apprendiamo, ieri in CdM si è provato a riaprire la questione finanziamenti alle paritarie allargandolo anche ad elementari, medie e superiori.
Operazione che non poteva essere attuata in CdM dal momento che il testo era già stato approvato, ma l’accordo prevederebbe che l’estensione dei finanziamenti saranno affrontati in Parlamento con un emendamento. Il finanziamento alle Paritarie è stato oggetto nei giorni i acceso dibattito.

Non possiamo non pensare a questa realtà, – così il presidente della componente Popolo protagonista alla Camera Gianluca Rospi – nè è possibile non trattarle come le scuole statali. Il servizio che erogano va considerato tale e quale alle altre e come loro vanno tutelate. Anche
perché, non scordiamoci, che se le paritarie chiuderanno i loro bambini e ragazzi dovranno andare nelle statali e si creeranno seri e importanti problemi di altra natura. È dovere della politica salvaguardare ogni lavoratore e studente, basta fare cittadini di serie A e cittadini di serie B, non stiamo giocando una partita di calcio”, conclude il deputato.